Saint-Rémy, 18 novembre 1889
Mio Caro Theo,
devo ringraziarti molto di un invio di colori che era accompagnato da una stupenda casacca di lana.Come sei buono con me, e come vorrei poter fare qualcosa di buono per provarti che vorrei essere meno ingrato. I colori mi sono arrivati al momento giusto, perché quel che avevo portato da Arles è quasi esaurito. Il fatto è, che questo mese ho lavorato fra gli uliveti, perché mi avevano fatto arrabbiare con i loro Cristi nell’orto degli ulivi, dove non c'è niente dal vero. Beninteso che non ho intenzione di fare qualcosa tratto dalla Bibbia - l'ho scritto a Bernard e anche a Gauguin, che credevo fosse nostro dovere pensare e non sognare, e che quindi sono rimasto sorpreso, vedendo il loro lavoro, che si lascino andare a una cosa simile. Perché Bernard mi ha mandato le fotografie dei suoi quadri. Quello che hanno, è che sono specie di sogni e di incubi, c'è dell’erudizione - e si vede che c’è qualcuno che va pazzo per i primitivi - ma francamente i preraffaelliti inglesi facevano cose molto migliori, e poi Puvis e Delacroix erano ancora più sani dei preraffaelliti.
Non che questo mi lasci freddo, ma mi dà un penoso senso di una scivolata invece che di un progresso. E allora per scuotermi da questo, ogni mattina e ogni sera in questi giorni chiari e freddi, ma con un sole bello e schietto, sono andato ad arrabattarmi fra i frutteti, e ne sono risultati 5 quadri da 30, che insieme ai tre studi di uliveti che hai già costituiscono almeno un tentativo di affrontare la difficoltà. L`olivo è cangiante come il nostro salice.
Tu sai che i salici sono molto pittoreschi, nonostante sembrino monotoni, e sono gli alberi cui corrisponde il carattere del paese. Ora ciò che il salice è da noi, lo sono con la stessa importanza l'olivo e il cipresso qui. Ciò che ho fatto è un realismo un po' duro e grossolano accanto alle loro astrazioni, ma servirà a dare la nota agreste e saprà di terra. Come mi piacerebbe vedere gli studi dal vero di Gauguin e di Bernard, quest'ultimo mi parla di ritratti – che sono certo mi piacerebbero di più.
Spero di abituarmi al freddo - la mattina ci sono effetti di brina gelata e di nebbia molto interessanti, e poi ho sempre un grande desiderio di fare per le montagne e per i cipressi ciò che ho fatto per gli uliveti. Come è stato raramente dipinto l'olivo e il cipresso, e dal punto di vista della vendita dei quadri, in Inghilterra devono andare, so benissimo ciò che cercano da quelle parti. Checché ne sia, di questo sono quasi sicuro, che in questo modo di tanto in tanto faccio una cosa passabile. Sono sempre più convinto, come del resto ho già detto a Isaäcson, che lavorando assiduamente dal vero senza dirsi preventivamente: «Voglio fare questo o quest'altro», ma lavorando come se si facessero delle scarpe, senza preoccupazioni artistiche, non si farà sempre bene, ma verrà il giorno in cui, anche non pensandoci, si troverà un soggetto di pari valore del lavoro di quelli che ci hanno preceduto. Si impara a conoscere un paese, che in fondo è completamente diverso da come ci è apparso a prima vista.
Ma se al contrario ci si dice: «Voglio finire meglio i miei quadri, voglio farli con cura», e un sacco di idee del genere, le difficoltà del tempo e dei soggetti mutevoli arrivano ad essere insormontabili, e finisco col rassegnarmi dicendomi che sono l'esperienza e il piccolo lavoro di ogni giorno che a lungo andare maturano e permettono di completare un quadro o di farlo più esatto. Perciò il lavoro lento e continuo è la sola strada, e qualsiasi ambizione di far bene è sbagliata. Perciò è meglio rovinare le tele montando sulla breccia ogni mattina, che riuscire a farle. Per dipingere sarebbe assolutamente necessaria una vita tranquilla e regolata, e con i tempi che corrono che cosa si può fare, quando si vede che per esempio Bernard è sempre premuto, premuto, premuto dai suoi genitori. Non può fare come vuole e tanti altri sono come lui.
Se, diciamo, non dovessi più dipingere, che cosa potrei fare? Eh, bisognerebbe inventare un processo pittorico più veloce, meno costoso di quello all'olio, e ugualmente duraturo. Un quadro... finirà col diventare banale come un discorso, e un pittore un essere in arretrato di un secolo. Eppure è un peccato che sia così. Ora, se i pittori avessero capito meglio Millet come uomo, o come alcuni, quali l'Hermite e Roll, l'hanno affettato, le cose non sarebbero a questo punto. Bisogna lavorare tanto quanto, e con altrettante poche pretese di un contadino, se si vuole durare a lungo.
E sarebbe meglio, piuttosto che fare delle esposizioni grandiose, rivolgersi al popolo e lavorare perché ognuno possa avere a casa propria un quadro o qualche riproduzione che serva di lezione, come l'opera di Millet.
Ho quasi terminato la mia tela, e quando potrai ti prego di mandarmi 10 metri. E ora andrò all'attacco dei cipressi e della montagna. Credo che questo diventerà la parte centrale del lavoro che ho fatto qua e là in Provenza; e allora potremo chiudere il soggiorno qui, quando ci sembrerà opportuno. Il che non è urgente, perché Parigi in fondo mi distrae. Eppure non lo so - dato che non sono pessimista - mi dico sempre che ho ancora in mente di dipingere un giorno un negozio di libri, con tutta la vetrina gialla, rosa, di sera, e con i passanti in nero - è un motivo così moderno. Guarda, sarebbe proprio un soggetto che starebbe bene fra un uliveto e un campo di grano, la seminagione fra i libri, le stampe. E questo ho proprio in mente di farlo come una luce in mezzo alle tenebre. Sì, c'è la possibilità di vedere il bello anche a Parigi. Ma insomma i negozi di libri non sono delle lepri e perciò non scappano, e ho intenzione di lavorare ancora qui per un anno, e sarà la cosa più saggia.
Da oltre una quindicina di giorni la mamma deve essere a Leida, ho tardato a mandare i quadri per lei perché aggiungerò a questi anche il campo di grano per i XX.
Tante cose a Jo, è molto brava a continuare a stare bene, grazie ancora una volta dei colori e della casacca di lana, e una forte stretta di mano
tuo Vincent
Saint-Rémy, 10 settembre 1889
Mio caro Theo,
trovo la tua cara lettera, quello che dici di Rousseau, di artisti come Bodmer, che in ogni modo erano uomini e che di simili se ne desidererebbe pieno il mondo - è proprio ciò che penso anch’io. E trovo perfetto che H. Weissenbruch conosca e faccia le strade fangose lungo i fiumi, i salici intristiti, gli scorci e le prospettive sapienti e strane dei canali così come Daumier conosceva e faceva gli avvocati.Tersteeg ha fatto bene ad acquistare del lavoro suo; gente così non si vende, e secondo me dipende dal fatto che ci sono troppo venditori che cercano di vendere per ingannare il pubblico e prenderlo in giro.
Sai tu che ancora oggi, quando leggo per caso la storia di qualche industriale energico e soprattutto di un editore, mi tornano la stessa indignazione, le stesse collere di quando ero presso i Goupil & C.?
La vita passa così, il tempo non ritorna. Ma io mi accanisco nel mio lavoro, e anche per questo so che anche le occasioni di lavorare non ritornano.
Soprattutto nel mio caso, nel quale una crisi più violenta può distruggere per sempre la mia capacità di dipingere.
Durante la crisi mi sento vile per l’angoscia e la sofferenza – più vile di quanto sarebbe sensato sentirsi, ed è forse questa viltà morale che, mentre prima non mi faceva provare nessun desiderio di guarire, ora mi fa mangiare per due, lavorare tanto, e risparmiarmi nei miei contatti con gli altri malati per paura di ricadere - insomma in questo momento cerco di guarire come uno che avendo voluto suicidarsi, e avendo trovato l’acqua troppo fredda, cerca di riguadagnare la riva.
Mio caro fratello, sai bene che sono venuto nel sud e che mi sono buttato nel lavoro per mille ragioni. Per vedere un’altra luce, credendo che, guardando la natura sotto un cielo più chiaro, si potesse dare un’idea più esatta del modo di sentire e di disegnare dei giapponesi. Infine per vedere questo sole più forte, perché si sente che senza conoscerlo non si potrebbero capire dal punto di vista dell’esecuzione e della tecnica i quadri di Delacroix e perché si sente che i colori del prisma sono velati dalla bruma del nord.
E tutto ciò è in parte esatto. Quando poi si aggiunga una simpatia istintiva verso questo sud che Daudet ha descritto in Tartarin, e che qua e là io stesso ho trovato delle cose e degli amici da amare, capirai che, pur trovando orribile la mia malattia, sento che quand'anche mi fossi attaccato troppo qui - attaccamento che può far si che mi riprenda in seguito la voglia di lavorare qui - pure può avvenire che relativamente presto io ritorni nel nord.
Sì, perché non ti nascondo che, sebbene in questo momento mi nutra con avidità, mi viene un desiderio tremendo di rivedere gli amici e la campagna del nord.
Il lavoro va benissimo, trovo delle cose che ho cercato invano per anni; e sentendo ciò mi viene sempre in mente quella frase di Delacroix che tu conosci, che aveva trovato la pittura quando non aveva più né denti né fiato.
Ed io, con la mia malattia mentale, penso a tanti altri artisti che soffrono moralmente e mi dico che ciò non costituisce un impedimento per dipingere come se niente fosse.
Dato che mi accorgo che qui le crisi tendono a prendere uno sfondo decisamente religioso, arrivo a credere che sia persino necessario ritornare nel nord. Non parlare troppo di questo con il dottore quando lo vedrai - ma non so se ciò dipenda dal fatto di aver vissuto per tanti mesi al ricovero di Arles e qui, in questi vecchi chiostri. Insomma, bisogna che non viva in un ambiente come questo; in tal caso è meglio persino la strada. Non sono indifferente, e nella sofferenza talvolta i pensieri mi consolano. E questa volta durante la malattia mi e successa una disgrazia – quella litografia di Delacroix, La Pietà, con altre tavole era caduta nell'olio e nella pittura e si era rovinata.
Ne ero rattristato - e allora nel frattempo mi sono preoccupato di dipingerla e tu la vedrai un giorno, su una tela da 5 o 6 ne ho fatto una copia che credo sia sentita.
Del resto, avendo visto poco tempo fa il Daniel e le Odalische e il ritratto di Brias e la Mulatta a Montpellier, sono ancora sotto l'impressione che mi ha provocato.
Ecco ciò che mi edifica, come leggere un bel libro quale quello di Beecher Stowe o di Dickens, mentre quello che mi da fastidio è di vedere in ogni momento quelle brave donne che credono alla Vergine di Lourdes e che inventano delle cose del genere, oppure di sapersi prigioniero di un’amministrazione come questa, che favorisce molto volentieri queste aberrazioni religiose, mentre sarebbe necessario guarirne. E allora mi ripeto ancora una volta che sarebbe forse meglio andare, se non all'ergastolo, almeno sotto le armi. E mi rimprovero la mia viltà; avrei dovuto difendere meglio il mio studio, avrei dovuto battermi con le guardie e con i miei vicini. Altri al mio posto si sarebbero serviti di un revolver, e se come artista avessi anche ucciso degli imbecilli come quelli, sarei stato assolto. Ecco, sarebbe stato meglio se lo avessi fatto, invece sono stato vigliacco e ubriaco.
Anche ammalato, ma non sono stato coraggioso. E ora, davanti alla sofferenza che mi danno queste crisi, mi sento pieno di timore, e non so se il mio zelo dipenda da qualcosa di diverso da quello che dico, e cioè come colui che, volendosi suicidare e trovando l’acqua troppo fredda, lotta per riguadagnare la riva.
Ma stammi a sentire, stare a pensione come ho visto fare tempo fa - fortunatamente molto tempo fa - Braat, questo no, proprio no.
Altro sarebbe se papà Pissarro oppure Vignon, ad esempio, volessero prendermi con loro. – Va’ là, io sono un pittore, è una cosa che si può combinare ed è meglio che i soldi vadano nelle tasche dei pittori, piuttosto che in quelle delle eccellenti suore.
Ieri ho domandato a bruciapelo al signor Peyron: dato che lei va a Parigi, che direbbe se le proponessi di prendermi con lei? Ha risposto in modo evasivo - che era una cosa troppo precipitosa e che bisognava scriverti prima.
Ma lui è molto buono e molto indulgente con me, e pur non essendo il padrone assoluto qui - tutt'altro - gli devo molta libertà.
Perché non bisogna solo far dei quadri, ma bisogna anche vedere le persone e, di tanto in tanto, frequentando degli altri, rifarsi il carattere e fare provvista di idee. Ormai abbandono la speranza che non ritorni più - al contrario mi dico che di tanto in tanto avrò una crisi. Ma allora in quei momenti si potrebbe entrare in una casa di salute o persino nella prigione comunale, dove di solito c'è una cella. Comunque non farti cattivo sangue in nessun caso - il lavoro va bene e non puoi immaginare quanto mi dia gioia poter dire: farò ancora questo e quest’altro, i campi di grano, ecc.
Ho fatto il ritratto dell’infermiere e ne ho fatto una copia anche per te. Esso fa un curioso contrasto con il ritratto che ho fatto di me, dove lo sguardo è vago e velato, mentre lui ha qualcosa di militare e degli occhi neri, piccoli e vivi. Gliel'ho regalato, e ne farò uno anche a sua moglie, se vorrà posare. E una donna appassita, un'infelice rassegnata e non un gran che, e così insignificante che mi è venuta voglia di farci insieme quel filo d’erba pieno di polvere. Ho parlato qualche volta con lei quando dipingevo gli ulivi dietro la loro piccola capanna, e allora mi diceva che non credeva che io fossi malato - e anche tu lo diresti ora, se mi vedessi lavorare, con i pensieri limpidi, la mano sicura con cui ho disegnato senza prendere una sola misura quella Pietà di Delacroix, nella quale ci sono ben quattro mani e braccia in primo piano, gesti e posizioni di corpo non proprio comode e semplici.
Te ne prego, mandami presto la tela se ciò ti è possibile, e inoltre credo di aver bisogno di altri dieci tubi di bianco di zinco.
E io so che la guarigione viene - se si è coraggiosi- dal di dentro, con la rassegnazione alla sofferenza e alla morte, con l’abbandono della propria volontà e dell'amor proprio. Ma ciò non ha importanza per me, mi piace dipingere, mi piace vedere gente e cose, e mi piace tutto ciò che costituisce la nostra vita - diciamo pure anche superficiale. Sì, la vita vera sarebbe un'altra cosa, ma io non credo di appartenere a quella categoria di anime che sono pronte a vivere e anche a soffrire in qualsiasi momento.
Che cosa strana è il tocco, il colpo di pennello.
All'aria aperta, esposti al vento, al sole, alla curiosità della gente, si lavora come si può, si riempie il quadro alla disperata. Ed è proprio facendo così che si coglie il vero e l'essenziale - questa è la cosa più difficile. Ma quando dopo un certo tempo si riprende lo stesso studio e si dispongono le pennellate nel senso degli oggetti - è certamente più armonioso e piacevole da vedere, e ci si può aggiungere quanto si ha di serenità e di sorriso.
Ah, non potrò mai rendere le mie impressioni di alcune figure viste qui. Certo, c'è la strada, dove ci sono tante cose nuove, la strada del sud, ma gli uomini del nord fanno fatica a capirla.
E io prevedo già che il giorno in cui avrò un certo successo, comincerò a rimpiangere la mia solitudine e il mio accoramento di qui allorché guardo attraverso le sbarre di ferro della mia cella il falciatore nei campi ai miei piedi. La disgrazia serve a qualcosa.
Per riuscire, per assicurarsi un successo che duri, bisogna avere un temperamento diverso dal mio, io non farò mai ciò che avrei potuto e dovuto volere e perseguire.
Ma a me non è consentito vivere, soffrendo così spesso di vertigini, che in una posizione di quarto, quinto rango. E anche quando sento il valore, l’originalità e la superiorità di Delacroix, di Millet per esempio, allora mi faccio forte e dico: sì, sono qualcosa, anch’io posso qualcosa. Ma ho bisogno di trovare un appoggio in quegli artisti, e poi produrre quel poco che posso nella stessa direzione. Papà Pissarro ha avuto un grave colpo con quelle due disgrazie contemporanee.
Appena ho letto mi è venuta l’idea di chiedergli se non ci fosse la possibilità di andare a stare con lui.
Se tu gli pagassi la stessa retta che paghi qui, vi troverebbe il suo vantaggio, perché non ho bisogno di gran cosa - altro che di lavorare. Fagli perciò la proposta chiara, e se lui non volesse andrò da Vignon. Ho un po` paura di Pont-Aven, c’è tante gente, ma quello che dici di Gauguin mi interessa molto. E io mi ripeto sempre che Gauguin ed io forse torneremo a lavorare insieme. So che Gauguin può fare cose molto superiori a quelle che fa, ma per mettere a suo agio quello lì! Spero sempre di fargli il ritratto.
Hai visto quel ritratto che mi aveva fatto, mentre dipingevo i girasoli? La mia faccia da allora si è molto rischiarata, ma ero proprio io, estremamente stanco e carico di elettricità, come ero allora. Ma intanto, per vedere il paese bisogna vivere con il popolino, e in case piccole, e nei caffè, ecc.
E’ anche ciò che dicevo a Boch, che si lagnava di non veder niente che lo tentasse o gli facesse provar qualcosa. Passeggio con lui per due giorni e gli faccio vedere almeno trenta quadri cosi diversi dal nord come lo sarebbe il Marocco. Sarei curioso di sapere cosa sta facendo in questo momento.
E poi vuoi sapere perché i quadri di Delacroix - i quadri religiosi e storici, La barca di Cristo, La Pietà, Le Crociate, hanno quell’atmosfera? Perché Eugène Delacroix quando dipinge un Getsemani è andato prima a vedere sul posto ciò che era un oliveto, e lo stesso vale per il mare frustato dal mistral, e perché si è detto: la gente di cui ci parla la storia, dogi di Venezia, crociati, apostoli, sante donne, erano dello stesso tipo e vivevano in modo analogo a quello dei loro attuali discendenti.
E perciò te lo devo dire - e tu lo puoi vedere nella Berceuse, per quanto quel tentativo sia mancato e debole - se avessi avuto la forza di continuare, avrei fatto dei ritratti di santi e di sante dal vero, e che sarebbero sembrati di un altro secolo, pur essendo gente di oggi, e avrebbero avuto un'intima parentela con i cristiani più primitivi.
Le emozioni che questo ci provoca sono però troppo forti, io rinuncio, ma più tardi, più tardi non è detto che non ritorni alla carica.
Che grand'uomo quel Fromentin - lui resterà sempre la guida per quelli che vorranno vedere l'Oriente. Lui ha stabilito per primo la congiunzione tra Rembrandt e il sud, fra Potter e quello che vedeva lui. Hai mille e mille ragioni - non bisogna pensare a queste cose - bisogna fare - anche se si trattasse di studi di cavoli e di insalata per calmarsi, e dopo essersi calmati, solo allora - fare ciò di cui siamo capaci. Quando li rivedrò farò delle copie di quello studio della diligenza di Tarascon, della vigna, della mietitura, e soprattutto del caffe rosso, quel Caffè di notte che come colore è ciò che vi è di più caratteristico. Ma la figura bianca del centro deve essere rifatta proprio come colore, costruita meglio. Ma esso - oso dirlo - è proprio un sud autentico, una combinazione ben calcolata di verdi e di rossi. Le mie forze si sono esaurite troppo presto, ma vedo fin d`ora la possibilità per altri di fare un’infinità di belle cose. E rimane sempre vera e valida l'idea che per facilitare il viaggio di altri, sarebbe stato opportuno fondare uno studio da qualche parte in questa zona. Fare tutto un viaggio dal nord alla Spagna, per esempio, non va bene, non vi si può vedere ciò che si deve vedere - bisogna farsi gli occhi prima e gradualmente alla luce diversa. Io non ho troppo bisogno di vedere i Tiziano e i Velázquez nei musei, ho visto alcuni tipi vivi, che fanno sì che sappia meglio ciò che è un quadro del sud di quanto lo sapessi prima del mio viaggio.
Dio mio, Dio mio, la brava gente fra gli stessi artisti che dice che Delacroix non è l’Oriente vero! Di un po’, ma allora l'Oriente vero è quello che fanno i parigini tipo Gérôme?
Perché voi sapete dipingere un pezzo di muro assolato, anche dal vero, e bene ed esatto secondo il vostro modo di vedere del nord. Ciò prova forse che voi abbiate visto la gente dell`Oriente? Ora è questo che cercò Delacroix, il che non gli ha assolutamente impedito di dipingere dei muri nelle Nozze ebraiche e nelle Odalische. Non è vero ciò? E anche se Degas dice che è un pagare troppo caro il bere nei tabarin dipingendo i quadri, non lo nego, ma vorrebbe forse che io vada nei conventi o nelle chiese? E’ proprio lì che ho paura. Ecco perché faccio uno sforzo di evasione con la presente lettera; una forte stretta di mano a te e a Jo.
Sempre vostro,
Vincent
Bisogna ancora che ti faccia gli auguri in occasione del compleanno della mamma, avevo scritto loro ieri, ma la lettera non è ancora partita, perché mi è mancata la testa per completarla.
E’ strano che già prima mi sia venuta due o tre volte l’idea di andare da Pissarro, e quest’ultima volta, dopo che mi hai parlato delle sue ultime disgrazie, non esito a dirti di chiederglielo.
Sì, bisogna farla finita con quaggiù, non posso fare due cose contemporaneamente, lavorare e avere un sacco di guai per vivere in mezzo a questi strani malati che ci sono qui. E’ una cosa che rovina la salute.
Mi dovrei sforzare inutilmente di scendere con loro. Ed ecco, perciò sono già due mesi che non sono stato all'aria aperta.
Stando qui, a lungo andare perderei la facoltà di lavorare, ma a questo punto comincio a dire: alto là, e allora li mando tutti - se tu sei d'accordo - a farsi benedire.
E ancora pagare per tutto ciò, no: nella disgrazia, un artista o un altro sarà pur disposto a tenermi con sé.
E’ una fortuna che tu mi possa scrivere che stai bene e anche Jo e che sua sorella è lì con voi.
Vorrei che quando nascesse il vostro figliolo fossi già di ritorno - non con voi, certamente no, è impossibile, ma nei dintorni di Parigi insieme a un altro pittore.
Per citarne un terzo potrei andare dai Jouve, che hanno tanti bambini e una casa grande.
Come hai capito ho cercato di fare il paragone fra la seconda crisi e la prima e ti dico solo questo, che mi sembra sia stata imputabile a non so quale influenza esterna, piuttosto che a una causa che albergava in me stesso. Posso sbagliarmi, ma ciò nonostante credo mi darai ragione se ho un senso di terrore per qualsiasi esagerazione religiosa. Il buon signor Peyron ti racconterà un sacco di cose, ti parlerà di probabilità e di possibilità, di atti involontari. Bene, ma se entra nei particolari non ci credo. E allora vedremo in che particolari entrerà, se ci entrerà. Il trattamento dei malati in questo ricovero è molto facile, e può essere seguito anche in viaggio, perché non si fa loro assolutamente niente, li si lascia vegetare nell'ozio e li si nutre con cibo scadente e un po' avariato. Ora ti dirò che fin dal primo giorno ho rifiutato di mangiare quel cibo e che fino alla mia crisi ho mangiato solo pane e un po' di minestra, e che fin che resterò qui non prenderò altro. E vero che il signor Peyron dopo questa crisi mi ha dato vino e carne, e che nei primi giorni l'ho accettato volentieri, ma non vorrei derogare a lungo dalla regola del ricovero, ed è giusto valutare una casa di salute secondo il suo regime normale. Devo anche dirti che il signor Peyron non mi dà molte speranze per l’avvenire, la qual cosa trovo giusta, mi fa pensare che tutto è dubbio e che niente può essere assicurato anticipatamente. Io stesso sono sicuro che ritorneranno, ma il lavoro mi occupa talmente che, con il mio fisico, credo che potrò continuare a lungo così. L’ozio nel quale vegetano quei poveri infelici è una calamità e diventa un male generale disseminato fra le città e le campagne sotto questo sole più ardente, e dato che ho imparato questo e altro, è mio dovere resistergli. Chiudo questa lettera ringraziandoti ancora della tua, pregandoti di scrivermi di nuovo presto e stringendoti forte la mano col pensiero.
Anversa, 28 Dicembre, 1885
Caro Theo,
è tempo che ti ringrazi dei 50 fiorini che mi hai mandato; mi hanno aiutato a passare il mese, anche se da oggi in poi sarà più o meno la stessa cosa.
Però ho degli altri studi, e più dipingo più progressi penso di fare.
Non appena ho ricevuto il denaro mi sono preso una bella modella e ho dipinto una testa di grandezza naturale.
E’ a colori chiari eccetto il nero, sai. Eppure la testa si staglia semplicemente su uno sfondo in cui ho cercato di mettere un tocco di luce dorata. Eccoti lo schema dei colori -un color carnicino con buone tonalità, tendente al bronzo sul collo, capelli corvini - di un nero che ho dovuto fare con del carminio e del blu di Prussia, un biancastro per la giacchetta, giallo chiaro, molto più chiaro del bianco, per lo sfondo. Una nota scarlatta nei capelli corvini e un altro nastro scarlatto sul bianco opaco.
E’ una ragazza del Café-chantant, eppure l'espressione che cercavo era piuttosto come un Ecce Homo.
Dato che però voglio restare fedele al vero, nell’espressione soprattutto, anche se in esso vi sono anche i miei pensieri, è questo che volevo esprimervi.
Quando venne da me la modella, era stata molto indaffarata le notti precedenti e mi disse qualcosa di piuttosto caratteristico: «Pour moi le champagne ne n’égaye pas, il me rend tout triste››.
Allora compresi, e cercai di esprimere qualcosa di voluttuoso e al tempo stesso di molto tormentato.
Ho iniziato un secondo studio della stessa modella, di profilo.
Poi ho fatto quel ritratto cui ti accennai, quello che mi era stato promesso, e per me dipinsi uno studio della testa e ora in questi ultimi giorni del mese spero di dipingere un’altra testa virile.
Sono di umore abbastanza buono, soprattutto per quanto riguarda il lavoro, e mi fa bene trovarmi qua.
Penso che qualunque cosa siano quelle donnine, se ne può trarre denaro, prima che in altro modo. Non si può negare che sono a volte maledettamente belle, ed è nello spirito dei tempi che questo tipo di quadro vada guadagnando sempre più terreno.
Anche dal punto di vista artistico più elevato, non se ne può dir nulla: dipingere esseri umani, è questo che faceva l’antica arte italiana, Millet e oggi Breton.
Il problema sta solo nel pensare se iniziare dall'anima o dai vestiti, se la forma debba servire da attaccapanni per i nastri e i fiocchi o se si deve considerare la forma come un mezzo per rendere impressioni e sensazioni o ancora se modellare la forma solo per la forma in sé, perché e tanto infinitamente bella.
Solo la prima è cosa transitoria, le altre due sono arte elevata.
Mi ha fatto piuttosto piacere che la modella voglia il suo ritratto esattamente come gli studi che ho fatto per me.
Mi ha anche promesso di lasciarsi dipingere nella sua stanza, in abito da ballerina, non appena possibile. Al momento non può, perché il proprietario del locale dove lavora è contrario al fatto che posi, però ha intenzione di prendersi una stanza assieme a un'altra ragazza, e sia lei che l'altra vogliono farsi fare il ritratto. Spero molto che torni, perché ha un viso molto interessante ed è spiritosa.
Devo allenarmi però, perché dipende dall’abilità e dalla rapidità; non hanno molto tempo né pazienza, anche se, a questo riguardo, non c'è bisogno che il lavoro eseguito in fretta sia anche eseguito male, e bisogna saper lavorare anche se la modella non se ne sta seduta rigidamente ferma. Ebbene, vedi che sto lavorando molto. Se vendessi qualcosa in modo da poter guadagnare un po’ di più, lavorerei ancor più vigorosamente.
Quanto a Portier, non mi sono ancora perso di coraggio, ma la povertà mi incalza e al momento tutti i mercanti soffrono dello stesso male, vale a dire l`essere più o meno une nation retirée du monde che si nasconde. Sono troppo ipocondriaci, e come si fa a vivere miseramente se oltre a tutto c'è anche l'indifferenza e la noia? E poi, è una cosa che attacca.
Perché sono tutte storie, gli affari si possono fare, però in ogni caso bisogna lavorare con convinzione ed entusiasmo, in breve, con un certo calore.
Quanto a Portier, mi hai scritto tu stesso che egli fu il primo a fare una mostra di impressionisti e che ci fu gran folla per Durand-Ruel. Ebbene, da ciò si potrebbe concludere che egli è uomo d'iniziativa, e che non solo parla, ma agisce. Forse è colpa dei suoi sessant'anni, e quanto al resto può trattarsi di uno dei molti casi in cui all'epoca in cui i quadri erano di moda e gli affari andavano bene molte persone intelligenti vennero relegate in disparte, come se non avessero né importanza né talento, soltanto perché non erano riuscite a convincersi della continuità di quell'improvvisa mania per i quadri, e dell'enorme aumento dei prezzi.
Gli affari oggi vanno a rilento e si vede come gli stessi mercanti, così intraprendenti, finiscano col nascondersi, grosso modo. E ancora non siamo alla fine.
L’iniziativa personale, con poco o nessun capitale, è forse il seme del futuro. Vedremo.
Ieri ho visto una grande fotografia di un Rembrandt che non conoscevo e che mi ha colpito moltissimo: era una testa di donna, la luce cadeva sul busto, sul collo, sul mento, sulla punta del naso e sulla mandibola.
La fronte e gli occhi erano in ombra per via del grande cappello, dalle piume probabilmente rosse.
Forse c’è del rosso anche nella giacchetta scollata. Uno sfondo scuro. L'espressione è lo stesso misterioso sorriso di Rembrandt medesimo in quel suo autoritratto in cui siede con Saskia sulle ginocchia e un bicchiere di vino in mano.
In questi giorni i miei pensieri sono continuamente rivolti a Rembrandt e Frans Hals, non solo perché vedo molti loro quadri, ma perché tra la gente di qua vedo tanti tipi che mi ricordano la loro epoca.
Vado ancora spesso ai quei balli popolari, per vedere le teste delle donne, dei marinai e dei soldati. Si paga un biglietto d'ingresso di 20 o 30 centesimi e si beve un bicchiere di birra, perché bevono pochissimi liquori forti e ci si può divertire per un'intera serata, per lo meno a me piace guardare la gente che si diverte. Dipingere moltissimo dal modello - è questo che devo fare ed è la sola cosa che mi aiuti a fare veri progressi.
Mi accorgo che da troppo tempo mi nutro in maniera insufficiente, quando ho ricevuto il tuo denaro lo stomaco non reggeva il cibo; ma cercherò di porvi rimedio.
Ciò non impedisce che io abbia energia e capacità di lavoro.
Quando sono all'aperto, però, il lavoro all'aria aperta è troppo per me e mi sento svenire.
Beh, dipingere è una cosa che logora. Van der Loo, quando lo andai a trovare poco prima di venire qua, mi disse che in fin dei conti sono abbastanza forte. E che non era caso che io dubitassi di raggiungere l'età necessaria a produrre il lavoro di tutta una vita. Gli dissi che conoscevo diversi pittori che malgrado tutto il loro nervosismo e così via avevano raggiunto l'età di sessanta e anche settant’anni, per loro fortuna, e che mi sarebbe piaciuto fare altrettanto.
E poi penso che se ci si mantiene sereni e non ci si perde di coraggio, lo stato d’animo è di grande aiuto. Da questo punto di vista ho guadagnato molto a venire qua, perché ho nuove idee e mezzi nuovi per esprimere quel che voglio, perché i pennelli migliori mi aiuteranno e sono pazzo di quei due colori, carminio e cobalto.
Il cobalto è un colore divino e non c’è nulla di altrettanto bello per creare un'atmosfera intorno alle cose. Il carminio è il rosso del vino e ha il colore e il mordente del vino.
Così per il verde smeraldo. E una pessima forma di risparmio non usare questi colori, e lo stesso può dirsi del cadmio.
Sulla mia costituzione, mi ha fatto molto piacere quanto mi ha detto un medico di Amsterdam, cui mi rivolsi per via di alcuni sintomi che mi avevano fatto temere di non dover restare tra i vivi a lungo e cui non chiesi subito un'opinione, perché volevo solo sapere la prima impressione di una persona che proprio non mi conosceva. Fu così: con la scusa di un piccolo disturbo che avevo allora, nel corso della conversazione accennai alla mia costituzione in genere - e quanto mi fece felice il fatto che il dottore mi prese per un operaio, dicendomi: «Immagino che lei sia un fabbro». E’ proprio in questo senso che ho cercato di modificarmi; quando ero più giovane, avevo l'aspetto di un intellettuale, ora sembro un chiattaiolo o un fabbro.
E cambiare la propria costituzione in modo da avere una «pelle dura›› non e cosa facile.
Ciò nonostante devo cercare di stare attento e mantenermi come sono, diventare anzi più forte.
Soprattutto voglio scriverti se ti sembra poi tanto assurda l'idea che ci si guadagnerebbe in coraggio se impiantassimo una piccola azienda autonoma nostra?
Quanto al mio lavoro attuale, sento di poter fare di meglio; tuttavia, ho bisogno di più spazio, più aria, cioè dovrei poter spendere di più. Soprattutto, soprattutto non posso prendere abbastanza modelle. Potrei produrre del lavoro di qualità migliore, ma le spese sarebbero più gravose. Non bisogna forse però mirare a qualcosa di elevato, a qualcosa di vero, a qualcosa che si distingue?
Le figure di donna che vedo qua tra la gente mi fanno molta impressione e molta di più a dipingerle che a possederle, anche se, in effetti, vorrei ambedue le cose.
Ho riletto il libro di De Goncourt. E magnifico. La prefazione a Chérie, che leggerai, racconta quante ne passarono i De Goncourt e come intristessero alla fine delle loro esistenze, eppure si sentivano sicuri di sé, sapendo che avevano fatto qualcosa e che la loro opera sarebbe rimasta. Che uomini erano mai! Se andassimo più d'accordo, se potessimo non aver mai divergenze, perché non potremmo fare lo stesso anche noi?
Detto per inciso, dato che comunque dovrò fare la fame per quattro o cinque giorni alla fine dell'anno, ti prego di mandarmi la tua lettera il primo gennaio e non più tardi. Forse non capirai, ma il fatto è che quando ricevo il denaro il mio più grande desiderio non e il cibo, anche se ho digiunato, perché il desiderio di dipingere e ancora maggiore e subito me ne vado a caccia di modelle e continuo così finché il denaro non se n'è andato. Mentre tutto ciò di cui vivo è la prima colazione che mi servono qua, la sera una tazza di caffè e del pane in una latteria oppure una pagnotta di pane di segala che ho nel baule.
Finché dipingo mi basta, ma quando se ne sono andate le modelle mi sento debole.
Mi sono affezionato alle modelle di qua perché sono diverse da quelle di campagna. Soprattutto perché la loro personalità è così diversa e il contrasto mi dà idee nuove, soprattutto per il colore dell'incarnato. Quel che ora ho ottenuto nell'ultima testa che ho dipinto, anche se ancora non ne sono soddisfatto, è diverso dalle teste precedenti.
So che sei abbastanza convinto dell'importanza di essere veristi, di modo che posso parlarti liberamente.
Se dipingo delle contadine, voglio che siano delle contadine; per la stessa ragione, se dipingo delle prostitute, voglio che abbiano un’espressione da prostitute.
E’ per questo che la testa di una prostituta di Rembrandt mi ha colpito tanto. Perché egli aveva afferrato in modo tanto meraviglioso quel loro sorriso misterioso, con una serietà che solo lui, mago tra i maghi, possiede.
Questo è nuovo per me, ed è quanto voglio; Manet l’ha fatto, e anche Courbet e, maledizione, ho la stessa ambizione; inoltre, ho sentito troppo profondamente, sin nel midollo delle ossa, la bellezza infinita dell’analisi della donna operata dai grandi della letteratura, Zola, Daudet, De Goncourt, Balzac.
Anche Stevens non mi soddisfa, perché le sue donne non sono quelle che conosco io. Quelle che sceglie lui non sono le più interessanti, mi pare. Ebbene, comunque stiano le cose, voglio andare avanti a tutti i costi, voglio essere me stesso.
Mi sento davvero ostinato e non mi importa più di quello che va dicendo la gente di me e del mio lavoro.
Sembra molto difficile ottenere delle modelle per i nudi, qua; per lo meno, la ragazza che ho già dipinto si è rifiutata.
Naturalmente il suo «rifiuto» è forse soltanto relativo, ma indubbiamente non sarebbe facile; devo dire però che andrebbe benissimo. Da un punto di vista commerciale posso solo dire che stiamo iniziando quella che vien detta la fin d’un siêcle, che le donne hanno un fascino eguale ai tempi della rivoluzione; in effetti hanno molta influenza, e sarebbe un vivere fuori dal mondo il tenerle al di fuori del proprio lavoro.
E’ lo stesso dappertutto, in campagna come in città; se ci si vuole mantenere al passo coi tempi, bisogna tener conto delle donne.
Addio, auguri per l`anno nuovo. Con una stretta di mano,
sempre tuo, Vincent
Anversa, tra Martedì 12 e Sabato 16 Gennaio, 1886
Caro Theo,
domenica scorsa ho visto per la prima volta i due quadri grandi di Rubens, e dato che avevo guardato ripetutamente e con calma quelli che c'erano al museo - questi due - Deposizione e Crocifissione mi hanno interessato ancor di più. La Crocifissione ha una particolarità che mi ha colpito subito, cioè che non ci sono figure femminili. Tranne che nei pannelli laterali del trittico. Di conseguenza, non ci guadagna. Ti dico che la Deposizione mi piace moltissimo. Non però per una profondità di sentimenti quale si trova in un Rembrandt, in un quadro di Delacroix o in un disegno di Millet.
Nulla mi lascia più indifferente di Rubens quando esprime il dolore umano.
Per spiegarmi con maggior chiarezza, inizierò col dirti che anche le più belle delle sue Maddalene piangenti o le Mater Dolorose mi fanno semplicemente venire in mente le lacrime di una bella prostituta che si sia presa una malattia venerea o qualche altra simile piccola miseria della vita umana.
Come tali, sono quadri da maestro, ma non bisogna cercarvi altro.
Rubens è fuori dal comune quando dipinge comuni belle donne. Manca però di espressione drammatica.
Confrontalo, ad esempio, con quella testa, opera di Rembrandt, della collezione Lacaze; con la figura dell'uomo ne La Sposa Ebrea capirai quel che intendo dire, e come, ad esempio, quelle sue otto figure di nerboruti che danno una dimostrazione di forza con la pesante croce lignea nella Crocifissione, mi sembrino assurde dal punto di vista della moderna analisi delle emozioni e dei sentimenti umani. In Rubens, le espressioni, degli uomini in particolare (facendo sempre astrazione dai veri ritratti), sono superficiali, vuote, pompose, sì, - completamente convenzionali, come quelle di Giulio Romano e di pittori ancora peggiori della decadenza.
Ciò nonostante mi piacciono perché egli, Rubens, è proprio colui che cerca di esprimere, e davvero riesce ad esprimere, uno stato d'animo lieto, sereno, triste, con l’accostamento dei colori – anche se a volte le sue figure sono vuote e così via.
Così nella Crocifissione la macchia pallida del cadavere è un accento di luce - è un contrasto drammatico col resto, che viene tenuto su una scala cromatica tanto scura.
Dello stesso genere, ma a parer mio molto più bello, è il fascino della Deposizione, dove la macchia pallida viene ripetuta nei capelli biondi, nei dolci visi e nei colli delle figure femminili, mentre l'ambiente che le circonda, estremamente triste, è pur ricco, per via delle diverse masse, di diverse tonalità armoniche, di rosso, verde scuro, nero, grigio e violetto.
Delacroix cercò ancora di far credere la gente alla sinfonia dei colori. E quasi si sarebbe indotti a dire “invano”, se si ha presente che quasi tutti concepiscono come colore valido il colore locale esatto, una precisione da menti piccine che né Rembrandt, né Millet, né Delacroix, né alcun altro, né Manet né Courbet hanno mai cercato, come mai la cercarono Rubens e Veronese.
Ho visto anche diversi altri quadri di Rubens in varie chiese.
Lo studio di Rubens è di grande interesse perché la sua è una tecnica molto semplice, o che per lo meno tale appare. Ha mezzi semplici e dipinge, soprattutto disegna, con una mano molto veloce, senza esitare. I ritratti, le teste e le figure femminili sono però la sua specialità. In questi egli sa essere anche profondo e intimo. E come restano freschi i suoi quadri, proprio per la semplicità della sua tecnica.
Che altro dirti? Che mi sento sempre più portato a rifare tutti i miei studi di figura, con molta calma e serenità, senza fretta o nervosismi di sorta. Voglio fare tali progressi nella conoscenza del nudo e della struttura della figura da trovarmi in grado di lavorare a mente. Vorrei qualche volta lavorare o da Verlat o in qualche altro studio oltre a lavorare da solo, il più possibile con una modella.
Per ora ho lasciato cinque quadri, due ritratti, due paesaggi e una natura morta nella classe di pittura di Verlat all'Accademia. Sono appena andato là di nuovo, ma non l’ho mai trovato.
Potrò però tra breve dirtene il risultato, e spero vorranno permettermi di dipingere tutto il giorno dal modello all'Accademia, cosa che mi faciliterà il lavoro, dato che le modelle costano moltissimo, al punto che il mio borsellino non regge.
E devo trovare qualcosa che mi aiuti da questo punto di vista. In ogni caso penso di restare ad Anversa per qualche tempo, anziché tornarmene in campagna; sarebbe meglio fare così che rimandare, e qua ci sono maggiori probabilità di trovare chi si interessi forse del mio lavoro. Sento di osare qualcosa e di poter raggiungere qualcosa, ed è già da troppo tempo che le cose si trascinano. Ti arrabbi ogni volta che mi lamento con te, o meglio non te ne importa un accidente e così via, come sappiamo, ormai, eppure credo che arriverà il giorno in cui, di tua iniziativa, arriverai alla conclusione che sei stato troppo debole nel perseverare ad aiutarmi a riottenere la fiducia del mondo. Non importa, siamo di fronte al futuro, non al passato. E di nuovo ti dico - sono convinto che verrà un momento in cui vedrai che, se soltanto ci fosse stato più calore, più cordialità tra noi due, avremmo potuto metterci in affari assieme. Anche se fossi rimasto con la Goupil.
Mi hai detto di sapere benissimo che ti ricompenserò con nera ingratitudine, .ma sei ben certo che questo non sia un malinteso come quello con papà? Quanto a me, non la prenderò alla leggera, puoi esserne ben certo. Perché ho ancora molto lavoro da fare, per il momento almeno.
L'altro giorno ho visto per la prima volta un frammento del nuovo libro di Zola L’Euvre, il quale, come sai, viene pubblicato a puntate su “Le Gil Blas”.
Penso che questo racconto, se avrà una certa popolarità nel mondo artistico, potrà fare del bene. Il frammento che ne ho letto è notevole.
Andando bene a fondo nel problema, voglio ammettere che quando si lavora esclusivamente dal vero c’è bisogno di qualcosa di più: una certa facilità nel comporre, la conoscenza della figura; però, in fin dei conti, non è del tutto invano che ho lavorato sodo tutti questi anni. Sento in me un certo potere perché dovunque io sia, avrò sempre una meta - dipingere la gente come la vedo e come la conosco.
Sia che l’impressionismo sia già finito o meno - per ripetere il termine impressionismo - penso sorgeranno sempre nuovi artisti nel disegno della figura, e comincio a ritenere sia sempre più desiderabile, in momenti difficili come quelli attuali, cercare la sicurezza in una più profonda comprensione dell'arte più eccelsa.
Perché, relativamente parlando, c'è un'arte maggiore e una minore; più che altro hanno importanza gli individui, e in effetti sono anche molto più difficili da dipingere.
Cercherò di farmi delle amicizie e penso che se lavorassi per qualche tempo, con Verlat per esempio, capirei meglio quel che succede e come adeguarmi agli altri.
Quindi lascia che me ne vada lottando per la mia strada, e per amor del cielo non perderti d'animo e non mollare. Penso che ragionevolmente non puoi aspettarti che io me ne torni in campagna per quei miseri 50 franchi al mese di meno, visto che un'intera serie di anni futuri dipenderà proprio dai contatti che devo farmi in città, o qua ad Anversa o più tardi a Parigi.
Vorrei farti capire quali occasioni di grandi possibilità vi siano nel commercio d’arte. Di conseguenza, ci saranno molte occasioni nuove, se si ha qualcosa di originale da far vedere.
Questo però è indispensabile se si vuol fare qualcosa. Non ho colpa né peccato alcuno se a volte devo dirti di aver maggior vigore in una cosa o nell'altra e se non abbiamo noi stessi il denaro per trovare nuovi amici e conoscenze. Devo guadagnare un po’ di più o avere più amici, e preferibilmente entrambe le cose. E’ questa la strada del successo, ma ultimamente è stata troppo dura per me.
Quanto al mese in corso, devo proprio insistere perché tu mi mandi almeno altri 50 franchi.
Ogni giorno dimagrisco di più e inoltre i miei abiti stanno diventando troppo lisi e così via. Sai tu stesso che così non può andare. Eppure ho una certa fiducia nella nostra riuscita.
Mi hai scritto però che, se mi ammalassi, staremmo peggio. Spero di non arrivare a questo, ma vorrei avere più agio, per evitare la malattia.
Pensa quanta gente c’è che vive senza avere la minima idea di che cosa siano gli stenti, continuando a pensare che tutto andrà sempre per il meglio, come se non ci fossero persone che muoiono di fame, rovinate del tutto. incomincio a dispiacermi di questo tuo modo di considerare te stesso sempre più come un genio degli affari e me come l’esatto contrario. Non tutti sono uguali, e se non si capisce che nel fare i conti bisogna che sia passato per lo meno un po' di tempo prima di essere certi di aver tirato bene le somme, se non si capisce questo, allora proprio non si è degli economisti'. Una più vasta visione della finanza è proprio la caratteristica di molti economisti moderni. Vale a dire, non ristrettezza di vedute, ma una certa libertà d'azione.
So, Theo, che anche tu puoi essere piuttosto a corto di denaro. La tua vita però non è mai stata tanto dura quanto la mia negli ultimi dieci o dodici anni. Non puoi cercare di capirmi quando ti dico: forse adesso ne ho avuto a sufficienza? Nel frattempo ho imparato qualcosa che prima non sapevo, che ha rinnovato tutte le mie probabilità di successo, e protesto perché sono sempre stato trascurato. E se volessi vivere ancora in città per qualche tempo e magari anche lavorare in seguito in uno studio a Parigi, cercheresti di ostacolarmi?
Sii abbastanza onesto e lasciami andare per la mia strada, perché ti dico che non voglio litigare, non litigherò, però non voglio neppure che mi si ostacoli nella mia carriera. E che posso fare in campagna, a meno di non andarci con il denaro per modelle e colori? Non c’è alcun modo, nessuno, di guadagnare, se lavoro in campagna, mentre in città una probabilità del genere esiste. Quindi non sarò al sicuro prima di essermi fatti degli amici in città - questa è la prima cosa. Attualmente ciò può complicare alquanto le cose, ma in fin dei conti è il solo modo, e tornare ora in campagna non porterebbe che ad un ristagno.
Ebbene, addio. Il libro di De Goncourt è ottimo.
Sempre tuo Vincent
Neunen, 30 aprile 1885
Caro Theo,
ti mando per il tuo compleanno i miei migliori auguri di salute e serenità. Avrei voluto mandarti in questa occasione il quadro dei mangiatori di patate ma, pur andando avanti bene, non è ancora finito.
Benché il quadro finale sia stato dipinto in un tempo relativamente breve e per la maggior parte a memoria, mi ci è voluto un intero inverno trascorso a dipingere studi di teste e mani per poterlo fare.
Quanto ai pochi giorni in cui l’ho dipinto, è stata una vera battaglia, di cui però sono veramente entusiasta. Anche se ripetutamente ho temuto di non riuscirci. Dipingere è anche un agír-créer.
Quando i tessitori tessono quella stoffa che mi pare si chiami Cheviot, o anche quegli strani tessuti scozzesi, allora si sa che il loro intendimento è di ottenere dei particolari colori spezzati e grigi per i Chevíot, mentre per il tessuto scozzese dai vari colori si fa in modo che i colori più vivi si equilibrino affinché, invece di ottenerne un effetto crudo, l'effet produít del disegno risulti a distanza armonioso.
Un grigio, tessuto di fili rossi, azzurri, gialli, bianco sporco e neri, un azzurro spezzato da fili rossi, rosso aranciati e gialli, sono ben diversi dai colori semplici, vale a dire che sono più iridescenti, mentre i colori primari diventano al confronto duri e morti. Per il tessitore però, o meglio per il disegnatore del disegno e della combinazione di colori, non è sempre facile valutare il numero dei fili e le loro direzioni, come è altrettanto difficile mescolare i colpi di pennello a formare un tutto armonioso.
Se confrontassi i primi studi a olio eseguiti quando arrivai qua a Neunen col quadro cui sto lavorando ora, penso ti accorgeresti di una maggiore vivacità per quanto riguarda il colore.
Penso che il problema dell'analisi dei colori preoccuperà anche te un giorno, in quanto, come conoscitore ed esperto, penso tu debba avere anche una opinione ferma ed essere convinto di determinate cose.
Per lo meno per piacere personale e per poter dimostrare che le proprie opinioni sono fondate, bisogna essere in grado di spiegarle in poche parole agli altri, i quali talvolta ad una persona come te chiedono informazioni, allorché desiderano sapere qualcosa di più sull'arte.
Ho ancora qualcosa da dire di Portier - naturalmente non sono del tutto indifferente alla sua opinione personale e apprezzo moltissimo il fatto che egli non abbia ritrattato nulla di quanto ha detto.
Neppure mi importa che poi egli non abbia messo alle pareti quei primi miei studi. Se però gli manderò un quadro di suo gradimento, lo potrà ottenere solo a patto di metterlo in mostra. Quanto ai Mangiatori di patate, è un quadro che starà meglio in una cornice dorata, ne sono sicuro, ma starà bene anche su una parete tappezzata con una carta color grano maturo.
Senza una inquadratura del genere proprio non bisogna vederlo.
Non spicca bene su uno sfondo scuro e neppure su uno sfondo opaco. Questo perché dà un'idea di un interno molto grigio. Anche nella realtà è incorniciato in una cornice dorata, per così dire, perché il focolare e il riflesso del fuoco sulla parete bianca sarebbero più vicini allo spettatore e ora sono al di fuori del quadro, mentre in realtà inquadrano completamente il soggetto.
Ti ripeto, va incorniciato con qualcosa color dorato cupo o ramato.
Se tu stesso vuoi vedere il quadro come va visto, non dimenticare, ti prego, quanto ti ho detto ora. Mettendo il quadro accanto a una tonalità dorata, si ottiene anche una luminosità in punti insospettati, togliendo al tempo stesso quell'aspetto marmorizzato che il quadro assume quando viene sfortunatamente posto su uno sfondo opaco o nero. Le ombre sono dipinte in blu, e un tono dorato le ravviva.
Ieri l'ho portato ad Eindhoven da un mio amico, che si è dedicato alla pittura. Tra circa tre giorni, andrò a pennellarlo col bianco d'uovo e a terminare qualche dettaglio.
Costui, che sta facendo ogni sforzo per imparare a dipingere nonché ad ottenere una buona tavolozza, l'ha apprezzato molto. Ha già visto lo studio di cui ho fatto la litografia e mi ha detto che non pensava potessi portare a tal punto disegno e colore. Dato che dipinge con la modella, sa anche lui che cosa c'è nella testa o nel pugno di un contadino; quanto alle mani, ha detto che lui pure ha ora un concetto del tutto diverso del come dipingerle.
Ho cercato di sottolineare come questa gente che mangia patate al lume della lampada, ha zappato la terra con le stesse mani che ora protende nel piatto, e quindi parlo di lavoro manuale e di come essi si siano onestamente guadagnato il cibo.
Ho voluto rendere l'idea di un modo di vivere che è del tutto diverso dal nostro di gente civile. Quindi non sono per nulla convinto che debba piacere a tutti o che tutti lo ammirino subito.
Per tutto l'inverno ho avuto le fila di questo tessuto in mano e ho cercato il disegno definitivo; e benché ne sia venuto fuori un tessuto dall’aspetto piuttosto rozzo, tuttavia i fili sono stati scelti accuratamente e secondo certe regole. Potrà dimostrarsi un vero quadro contadino. So che lo e`. Chi preferisce vedere i contadini col vestito della domenica faccia pure come vuole. Personalmente sono convinto che i risultati migliori si ottengano dipingendoli in tutta la loro rozzezza piuttosto che dando loro un aspetto convenzionalmente aggraziato.
Penso che, più che da signora, una contadinella sia bella vestita com`è con la sua gonna e camicetta polverosa e rappezzata, azzurra, cui il maltempo, il vento e il sole danno i più delicati toni di colore. Se si veste da signora, perde il suo fascino particolare. Un contadino è più vero coi suoi abiti di fustagno tra i campi, che quando va a Messa la domenica con una sorta di abito da società.
Analogamente ritengo sia errato dare a un quadro di contadini una sorta di superficie liscia e convenzionale. Se un quadro di contadini sa di pancetta, fumo, vapori che si levano dalla patate bollenti - va bene, non è malsano; se una stalla sa di concime – va bene, è giusto che tale sia l'odore di stalla; se un campo sa di grano maturo, patate, guano o concime - va benone, soprattutto per gente di città.
Quadri del genere possono insegnare loro qualcosa. Un quadro non deve necessariamente essere profumato.
Chissà se ci troverai qualcosa che ti piacerà? Spero di sì. Sono contento che proprio ora che il signor Portier dice di avere intenzione di interessarsi al mio lavoro io abbia sottomano qualcosa di più che dei semplici studi. Quanto a Durand-Ruel anche se non pensava che i disegni avessero qualche merito, fagli vedere questo quadro; forse ne riderà, ma mostraglielo ugualmente, di modo che possa fargli vedere che nel nostro lavoro c'è dell'energia. Lo sentirai dire però: «Quelle croúte». Puoi esserne certo: io lo sono. Eppure bisogna che continuiamo a produrre cose vere e oneste.
Dipingere la vita dei contadini è una cosa seria, e mi sentirei colpevole se non cercassi di creare dei quadri che destino pensieri seri per chi pensa seriamente all'arte e alla vita.
Millet, De Groux e tanti altri ci hanno dato l'esempio di caratteri forti, noncuranti di giudizi come: orribile, rozzo, sporco, puzzolente e via di seguito, e sarebbe vergognoso tentennare.
No, bisogna dipingere i contadini come uno di loro, che pensasse e sentisse come loro.
Perché non è colpa nostra se siamo così.
Penso spesso che i contadini formino un mondo a parte, che da certi punti di vista è migliore del mondo civile. Non da tutti i punti di vista, perché che ne sanno essi di arte e di molte altre cose?
Ho ancora qualche studio più piccolo, capirai però che quello grande mi ha dato tanto da fare che non sono riuscito quasi a fare altro. Appena sarà finito e completato del tutto, ti manderò il quadro in una cassa e ne aggiungerò qualcuno di più piccolo.
Penso sia bene non attendere a lungo prima di mandartelo, per cui non lo farò; probabilmente non ne sarà pronta la seconda litografia, ma comprendo come il signor Portier, ad esempio, vada alquanto rassicurato, in modo da poter contare con certezza su di lui come amico. Spero sinceramente che in ciò riusciremo. Sono stato tanto preso da quel quadro da dimenticarmi completamente di dover cambiare casa, cosa di cui in fin dei conti devo occuparmi.
Non avrò meno preoccupazioni, ma la vita di ogni pittore ne è talmente colma, che davvero non desidero passarmela meglio di un altro. Visto poi che hanno eseguito i loro dipinti malgrado tutto, le difficoltà materiali mi daranno sì fastidio, ma, a dirla in breve, non mi schiacceranno né mi costringeranno a rallentare.
Penso che in fin dei conti finirò i mangiatori di patate; gli ultimi giorni sono i più pericolosi per un quadro, come sai, perché quando non è ancora ben asciutto non ci si può lavorare col pennello grosso senza grande pericolo di rovinarlo. Le alterazioni vanno fatte invece con calma e raccoglimento, col pennello sottile. Quindi l'ho portato al mio amico e gli ho detto di stare attento che io non lo rovini quando vado a casa sua a dargli i tocchi finali. Vedrai che è un quadro originale.
Addio, mi spiace non sia stato pronto per oggi; di nuovo ti auguro salute e serenità. Credimi, con una stretta di mano, sempre il tuo,
Vincent
Oggi sto lavorando ancora a quegli studi più piccoli, che dovrò mandarti contemporaneamente.
Mi hai mandato quella copia dell’edizione del Salon?
Arles, Venerdì 4 Maggio 1888
Mio caro Theo,
ti scrivo ancora due righe per dirti che, dopo aver riflettuto, credo che la miglior cosa sia di prendere una rete e un materasso, e di farmi un letto per terra nello studio. Perché durante l'estate farà talmente caldo che sarà più che sufficiente così.
Per l'inverno vedremo allora se occorrerà prendere un letto o no. Quanto al letto che è presso di te, trovo che la sistemazione di avere un pittore in casa tua sia di vantaggio sia per il pittore che per te, dal punto di vista della conversazione e della compagnia. Così che anche quando Koning partirà, ci sarà forse un altro che prenderà il suo posto. E perché dunque non tenere il letto presso di te per ogni eventualità?
E’ anche possibile che in fatto di casa trovi di meglio, sia a Martignes in riva al mare o altrove. Solo, quello che c'è di bello di questo studio sono i giardini di fronte.
Ma ecco, per farci delle riparazioni o per ammobiliarla un po' bene sarà meglio attendere, è più saggio, tanto più che se dovesse scoppiare il colera qui in estate, probabilmente filerò svelto in campagna.
E ben sporca questa città nelle vecchie strade! E le arlesiane di cui si parla tanto, vuoi sapere in definitiva cosa ne penso? Certamente, esse sono veramente deliziose, ma non è più come doveva essere una volta. Vedi, c'è più sovente del Mignard che del Mantegna, perché esse sono in decadenza. Ciò non impedisce che siano belle, veramente belle, e io qui non parlo che del tipo di carattere romano - un po' stupido e banale. Quante eccezioni!
Ci sono delle donne come in Fragonard e come in Renoir. E poi dell'altro, che non si può classificare fra quello che è già stato fatto dalla pittura. La miglior cosa che si potrebbe fare sarebbe, sotto tutti i punti di vista, fare dei ritratti di donne e di bambini. Soltanto credo che non sarò io a farlo, non mi sento abbastanza un uomo tipo bel ami.
Ma sarei ben felice se questo bel ami del sud, che non era ancora Monticelli, ma quasi, che io sento nell'aria pur sapendo che non sarò io, dicevo, sarei un bel po' contento se arrivasse un uomo alla Guy de Maupassant per dipingere gaiamente la bella gente e le cose di qua. Per conto mio lavorerò, e di qua e di là ci sarà qualcosa del mio lavoro che resterà, ma ciò che Claude Monet è per il paesaggio, chi lo sarà per la figura? Tuttavia devi sentire, come lo sento io, che tutto ciò è già nell'aria. Rodin? Ma lui non lavora coi colori, quindi non è lui.
Ma il pittore dell’avvenire deve essere un colorista come non ce n'ê ancora stato uno. Manet ha preparato il terreno, ma tu sai bene che gli impressionisti hanno già adoperato colori più vivi di quelli di Manet. Questo pittore del futuro non posso immaginarmelo a vivere in piccoli ristoranti, a lavorare con tanti denti falsi, e a frequentare i bordelli degli zuavi come me.
Ma credo di essere nel giusto quando dico che ciò avverrà tra una generazione, e che in quanto a noi bisogna far sì che i nostri mezzi ci conducano in quella direzione, senza dubitare né deviare.
Ti prego di avvertire Guillaumin che Russell desidera andare a vederlo a casa sua e che ha intenzione di acquistargli ancora un quadro. Scrivo a Russell oggi stesso.
Sentivo dire ieri da MacKnight e dal danese che a Marsiglia non c'era mai niente di buono nelle vetrine dei mercanti, e che essi credevano che non si facesse assolutamente niente.
Ho molta voglia di guardare un po’ coi miei occhi, ma proprio perché non desidero entusiasmarmi, lo farò quando avrò i nervi più calmi.
Nella lettera in cui avevo scritto l'indirizzo sbagliato ti parlavo ancora di Bonger, è probabile che egli abbia il coraggio di dire tutto quello che dice perché in questo momento i russi hanno molto successo al Theatre Libre, ecc. Ma non è questa una ragione, vero?, per cercare di usare questo successo per denigrare i francesi. Ho appena riletto il Bonheur des dames di Zola e lo trovo sempre più bello.
E’ una novità che Reid sia di ritorno. Ho detto a Russell che siccome ero stato io a farglielo conoscere, ci tenevo un poco a dirgli il motivo per cui si era litigato. Che Reid era ambizioso, ed essendo in imbarazzo finanziario come tutti noi, era fuori di sé quando si trattava di guadagnare dei soldi. Che io consideravo i suoi come atti involontari (e di conseguenza lui non responsabile e giustificabile per tali atti) di un sistema nervoso sovraeccitato.
Ma che in Reid il bottegaio volgare è più forte dell'artista raffinato. Non sarà molto in favore di Reid, ma forse è troppo dire la verità? Ora certamente non avrò migliorato le cose, e forse le avrò peggiorate.
L'amico di Russell, MacKnight, è un tipo secco e neppure troppo simpatico: tanto peggio se li ho tutti e due contro di me. Però non ho detto niente di MacKnight, benché sia convinto che non abbia più cuore di Reid; se riuscisse a trovare il suo stile penso gli farebbe bene, e non è improbabile che ciò avvenga.
E’ ancora giovane, 27 anni credo. Poniamo dunque, se tu sei d'accordo, che noi non ci si affretti ancora per montare lo studio. Per il momento basta già. E io ci dormo nel modo che ti ho detto più sopra, non mi costerà niente, risparmio 30 franchi d'albergo e ne pago 15 di affitto, perciò in tutto questo non c’è che del vantaggio.
Una stretta di mano a te e a Koning; ho ancora un disegno.
Tuo Vincent
Ho visto un sacco di casse nel bazar per la mia spedizione, ci ritornerò per prendere le misure. Il De Groux di cui tu parli era lo stesso soggetto di quello del museo di Bruxelles, il Benedicite?
E vero ciò che dici di De Braekeleer. Hai sentito dire che soffriva di una malattia cerebrale che lo riduceva all’impotenza??? Io l'ho sentito dire, ma non era una cosa passeggera? Tu ne nomini un altro che non conosco.
Saint-Rémy, 23 maggio 1889
Mio caro Theo,
la tua lettera che ho appena ricevuto mi ha fatto piacere. Mi dici che H. Weissenbruch ha due quadri alla mostra - ma io pensavo che fosse morto, oppure mi sbaglio? Certo è un grande artista, e un uomo di gran cuore. Quello che dici della “Berceuse” mi fa piacere; è molto esatto che la gente del popolo, che si compra le cromotografie e si commuove ascoltando la sentimentalità degli organetti, è in un certo senso nella verità e forse più sincera di certi frequentatori del Boulevard che vanno a visitare il Salon.
Se Gauguin vorrà accettarlo, dagli un esemplare della “Berceure”, che non era montata su telaio, e uno anche a Bernard, come pegno di amicizia. Ma se Gauguin vuole i girasoli è semplicemente giusto che dia a te in cambio qualcosa che ti piaccia.
Gauguin stesso ha apprezzato i girasoli dopo averli visti per un po’ di tempo.
Devi pure sapere che se disponi i quadri in questo modo, cioè la “Berceuse” in mezzo e due quadri di girasoli, uno a destra e l’altro a sinistra, si forma un trittico.
E allora i toni gialli e arancioni della testa prendono più risalto dall'accostamento delle persiane gialle.
E allora capirai quello che ti scrivevo, che la mia idea era di fare una decorazione, ad esempio per il fondo della cabina di una nave.
E quando si ingrandisce il formato, la fattura approssimativa sarebbe giustificata. Il quadro in mezzo è quello rosso. E i due girasoli che lo accompagnano sono quelli circondati da asticciole.
Come vedi, questa cornice di semplici assi va abbastanza bene, e una cornice così costa ben poco. Forse sarebbe bene incorniciare così le Vigne verdi e quelle rosse, il Seminatore, i solchi e anche l'interno della Camera da letto. Ecco una nuova tela da trenta, anche questa banale come una cromotografia da bazar, che rappresenta gli eterni nascondigli verdi degli innamorati.
Grossi tronchi d’albero coperti di edera, il suolo coperto di edera e di pervinche, una panchina di pietra e un cespuglio di rose pallide nell’ombra. In primo piano alcuni fiori a calice bianco. E verde, viola e rosa.
Non si tratta di metterci dello stile - che disgraziatamente manca anche nelle cromotografie da bazar e negli organetti.
Da quando sono qui il giardino desolato, alberato da grandi pini sotto i quali cresce mal tenuta un’erba mista di erbacce diverse, mi è bastato per lavorare e non sono ancora uscito. Eppure il paesaggio di Saint-Rémy è molto bello e probabilmente a poco a poco lo girerò.
Ma restando qui, il dottore ha potuto naturalmente veder meglio di che cosa si trattava e oso sperare che sarà più tranquillo lasciandomi andare a dipingere.
Ti assicuro che sto bene e che per il momento non vedo assolutamente la ragione di venire in pensione a Parigi o dintorni. Ho una piccola cameretta tappezzata di grigio verde con due tendine verde acqua a disegni rosa molto pallido, ravvivati da trattini rosso sangue.
Queste tendine, probabilmente il residuo di qualche riccone rovinato e defunto, hanno un disegno molto grazioso. Della stessa provenienza è forse una poltrona molto usata ricoperta di una fodera a chiazze alla Diaz o alla Monticelli, colori bruno, rosso, rosa, bianco, crema, nero, blu miosotis e verde bottiglia: attraverso le sbarre della finestra vedo un rettangolo di grano in un recinto, una prospettiva alla Van Goyen, sulla quale la mattina il sole si alza in tutta la sua gloria.
Inoltre ho una stanza per lavorare - dato che ci sono più di trenta stanze libere.
Il mangiare è così così. Sa naturalmente di muffa, come in un ristorante di quart'ordine di Parigi o in una pensione. Poiché questi infelici non hanno nulla da fare (non un libro, nient'altro che un gioco di bocce e un gioco a dama), non hanno nessun'altra distrazione giornaliera se non rimpinzarsi di lenticchie, piselli, fagioli e altre spezie e derrate coloniali in quantità fisse e ad ore stabilite.
Poiché la digestione di questi cibi presenta alcune difficoltà, riempiono così le loro giornate in modo innocuo e poco costoso.
Ma a parte gli scherzi, la paura della follia mi sta passando, conoscendo da vicino quelli che ne sono affetti. Come io potrei esserlo con molta facilità in seguito.
Prima avevo un senso di repulsione per questi esseri e mi sembrava desolante dover pensare che tanti del nostro mestiere, Troyon, Marchal, Meryon, Jundt, M. Maris, Monticelli e un mucchio di altri erano finiti così. Non riuscivo a rappresentarmeli assolutamente in quello stato. Ebbene, ora penso a tutto ciò senza timore, vale a dire non lo trovo più atroce del fatto che questa gente sia crepata di tisi o di sifilide.
E vedo questi artisti riprendere il loro atteggiamento sereno e credi che sia poca cosa ritrovare gli anziani del proprio mestiere?
E’ una cosa di cui, senza scherzi, sono profondamente grato.
Perché, se pure ce ne sono alcuni che urlano o abitualmente sragionano, qui c’è molta vera amicizia degli uni per gli altri.
Dicono: bisogna sopportare gli altri affinché gli altri ci sopportino, e altri ragionamenti del genere assai giusti, che essi mettono in pratica.
Fra di noi ci capiamo molto bene, per esempio posso talvolta parlare con uno che non mi risponde che con suoni incoerenti, poiché non ha più paura di me. Se qualcuno ha una crisi, gli altri lo osservano e intervengono affinché non si faccia male. La stessa cosa per quelli che hanno la mania di offendersi spesso. Allora dei vecchi habitues di questo serraglio, corrono e separano i combattenti, se c'è combattimento.
E vero che ce ne sono di quelli che costituiscono casi più gravi, siano essi sporchi o pericolosi. Ma quelli stanno in un altro cortile.
Ora faccio il bagno due volte e ci resto due ore, e inoltre lo stomaco va infinitamente meglio di un anno fa, perciò, per quanto mi consta, non devo far altro che continuare così. E credo che qui spenderò meno che altrove, tenendo anche conto che ho ancora del lavoro da fare, visto che la natura è così bella.
La mia speranza è che in capo a un anno io sappia meglio ciò che posso e ciò che voglio, più di quanto non faccia ora. E allora troverò poco per volta una direttiva per ricominciare. Tornare a Parigi o non importa dove in questo momento non mi sorride affatto. Mi trovo a casa mia, qui. Un lasciarsi andare fuori del normale è ciò di cui soffrono a mio parere quelli che sono qui da diversi anni. Credo che il mio lavoro mi preserverà in un certo senso da ciò.
La sala dove stiamo nei giorni di pioggia è come una sala d'aspetto di terza classe di qualche paesetto sperduto, tanto più che ci sono dei signori alienati che portano invariabilmente cappello, occhiali, bastone e abito da viaggio, come ai bagni di mare o quasi e che sembrano i passeggeri. Sono costretto a chiederti ancora dei colori e soprattutto della tela.
Quando ti manderò le quattro tele che sto facendo del giardino, vedrai che l’eventualità che la mia vita trascorra soprattutto in giardino non è poi tanto triste. Ieri vi ho disegnato una grandissima farfalla notturna molto rara che si chiama testa di morto, di un colore molto distinto, nero, grigio, bianco sfumato e con riflessi carminio che volgono vagamente al verde oliva: è molto grande.
Per dipingerla avrei dovuto ucciderla ed era un peccato. Tanto era bella la bestia. Te ne manderò un disegno con altri disegni di piante.
Potrai togliere le tele dai telai che si trovano presso di te o presso Tanguy, ormai sono abbastanza secchi, e montare sui telai i nuovi quadri che giudicherai buoni. Gauguin deve poterti dare l’indirizzo di un rintelaiatore per la Camera da letto che non sia caro.
Immagino che il lavoro dovrebbe costare 5 fr.; se costa di più non fartelo fare, ma non credo che Gauguin pagasse di più quando ha fatto più volte rintelaiare i suoi quadri di Cézanne e di Pissarro.
Parlando del mio stato, sono anche riconoscente per un'altra cosa: osservo negli altri che anch'essi, al pari di me, hanno sentito durante le loro crisi dei suoni e delle strane voci, e che anche davanti a loro le cose parevano cangianti. Questo diminuisce l'orrore che inizialmente avevo della crisi che ho avuto, e che quando ti piomba addosso improvvisamente non si può fare altro che spaventarsi oltre misura. Una volta che si sa che ciò fa parte della malattia, lo si prende come altre cose. Se non avessi visto altri alienati da vicino, non avrei potuto liberarmi del fatto di doverci pensare sempre. Perché le sofferenze dell'angoscia sono strane quando si e nel mezzo di una crisi. La maggior parte degli epilettici si mordono la lingua e se la feriscono. Rey mi diceva di aver visto un caso nel quale uno si era ferito come me all'orecchio. E mi è sembrato di sentir dire da un dottore, che veniva a vedermi insieme al direttore, che anche lui ne aveva visto uno.
Oso sperare che una volta che si sa di che si tratta, una volta che si ha coscienza del proprio stato e della possibilità di essere soggetto a delle crisi, possiamo noi stessi collaborare in qualche cosa, almeno nel non farsi sorprendere dall`angoscia o dallo spavento.
Ecco che sono cinque mesi che tutto questo va diminuendo, e ho buone speranze di ritornare su o almeno di non avere più crisi di simile violenza.
Ce n’è qui uno che grida e parla sempre, come ho fatto io durante una quindicina di giorni: crede di sentire voci e parole nell’eco dei corridoi, probabilmente perché il nervo dell’udito è malato o troppo sensibile, e per me sono stati insieme la vista e l’udito, ciò che è normale, da quanto diceva Rey un giorno, all'inizio dell'epilessia.
Ora la scossa è stata forte, ma prima avevo il disgusto perfino di muovermi, e niente sarebbe stato più piacevole per me che il non svegliarmi più. Ora questo orrore della vita è già diminuito e la malinconia è meno acuta, ma non ho ancora alcuna volontà, neppure desiderio, e tutto ciò fa parte della vita ordinaria, il desiderio per esempio di rivedere gli amici ai quali pure penso è quasi nullo. E per questa ragione che non sono ancora in grado di poter uscire presto da qui, mi porterei ancora ovunque la malinconia.
E inoltre è solo in questi ultimi giorni che la repulsione per la vita si è modificata. C'è ancora molta strada per arrivare alla volontà e all'azione.
E’ un peccato che tu sia sempre condannato a stare a Parigi e che non possa mai vedere altra campagna se non quella dei dintorni di Parigi. Credo di non avere una disgrazia minore a dover stare nella compagnia in cui sono, mentre tu hai sempre il guaio di Goupil & C.
Da questo punto di vista siamo proprio alla pari. Perché anche tu puoi fare di testa tua solo in parte. E dato che abbiamo la possibilità di abituarci a questi inconvenienti, ciò finisce per diventare una seconda natura. Credo che, per quanto i quadri costino in tela, colori, ecc., alla fine del mese è meglio spendere un po’ di più in questo modo e farne come ho imparato a farli, piuttosto che abbandonarli, tanto più che anche in questo caso si dovrebbe sempre spendere per la pensione. E’ per questo che continuo a farli, così in questo mese ho fatto 4 tele da 30 e due o tre disegni.
Ma il problema dei soldi, qualunque cosa facciamo, rimane sempre lì come il nemico davanti all’esercito, e non si può negarlo o dimenticarlo.
E anch'io, come chiunque altro, continuo a mantenere nei suoi riguardi i miei doveri. E forse riuscirò anche a restituire tutto ciò che ho speso, perché quello che ho speso io, lo considero, se non sottratto a te, certo sottratto alla famiglia, e in conseguenza di ciò ho prodotto dei quadri, e ancora ne produrrò. Questo per adottare la tua stessa condotta. Se vivessi di rendita forse avrei più testa per fare l'arte per l'arte, ma così come sono mi contento di credere che lavorando con assiduità, anche senza troppo sperare, riuscirò forse a fare qualche progresso.
Ecco i colori di cui avrei bisogno:
3 verde smeraldo
2 cobalto
1 oltremare
1 minio arancione, tubi grandi
6 bianco di zinco
5 metri di tela.
Ringraziandoti della tua lettera, ti stringo forte la mano, come pure a tua moglie
tuo Vincent
Arles, domenica, 9 Settembre 1888
Mio caro Theo,
ho appena consegnato alla posta lo schizzo del nuovo quadro, il Caffè di notte, come pure di un altro che ho fatto nel frattempo. Forse finirò per dedicarmi ai crêpons.
Ieri ho lavorato ad ammobiliare la casa; come mi avevano già detto il postino e sua moglie, i due letti, per avere qualcosa di solido, costeranno centocinquanta franchi l'uno. Ho potuto constatare che era tutto vero quello che mi avevano detto dei prezzi. Bisognava però destreggiarsi e allora ho fatto così: ho acquistato un letto in noce e un altro in legno bianco, che sarà il mio e che più tardi dipingerò.
Inoltre ho fornito uno dei due letti e ho comperato due pagliericci.
Se Gauguin o un altro venisse, ecco che il suo letto sarebbe pronto in un minuto. Fin dal principio ho voluto sistemare la casa non per me solo, ma in modo da poter alloggiare qualcuno. Naturalmente ciò mi ha mangiato la maggior parte dei soldi. Con il resto ho acquistato dodici sedie, uno specchio e delle piccole cose indispensabili. Con il risultato che la settimana prossima potrei già andarci ad abitare.
Per ospitare qualcuno ci sarà la più graziosa stanzetta del mondo, che cercherò di rendere più bella possibile, come un boudoir femminile veramente artistico. Poi ci sarà la mia stanza da letto, che vorrei estremamente semplice ma con mobili quadrati e larghi: il letto, le sedie, la tavola, tutto in legno bianco; al piano terreno lo studio, e un'altra stanza ugualmente studio, ma nello stesso tempo cucina.
Un giorno o l'altro vedrai un quadro della casetta sia in pieno sole, sia con la finestra illuminata e il cielo stellato. Ormai puoi far conto di possedere qui a Arles la tua casa di campagna. Perché io sono entusiasta dell'idea di arredarla in modo che tu ne sia contento, e che sia uno studio in uno stile voluto, così che se fra un anno tu decidessi di passare una vacanza qui e a Marsiglia, allora sarà pronto, e la casa sarà, per quanto mi propongo, tutta piena di quadri dal basso all’alto. La stanza dove sarai tu, o che sarà di Gauguin, se verrà, avrà sui muri bianchi una decorazione di grandi girasoli gialli.
Al mattino, aprendo la finestra, si vede il verde del giardino, il sole che sorge e l’ingresso della città.
Ma poi vedrai quei grandi quadri con dei mazzi di dodici, di quattordici girasoli, ammucchiati in questo piccolo spogliatoio, con un letto grazioso, e con tutto il resto elegante. Non dovrebbe essere banale. E lo studio, i mattoni rossi del pavimento, i muri e il soffitto bianco, le sedie paesane, la tavola in legno bianco, e spero una decorazione di ritratti. Avrà un carattere alla Daumier, e non sarà, oso predirlo, una cosa banale.
Ora ti pregherei di cercare delle litografie di Daumier per lo studio e alcune giapponeserie, ma non c’è assolutamente nessuna fretta, e acquistale solo quando ne troverai due copie. E anche di Delacroix, delle litografie normali di artisti moderni.
Non c’è la minima fretta, ma ho già l’idea completa. Ne voglio veramente fare una casa di artista, ma non preziosa, al contrario niente di prezioso, ma che tutto, dalla sedia al quadro, abbia un carattere.
Anche per i letti, ho preso dei letti del paese, dei letti grandi a due piazze, non dei letti in ferro. Danno un aspetto di solidità, di durata, di calma, e se per questo sarà necessario un maggior quantitativo di oggetti complementari, tanto peggio, ma occorre che abbia carattere.
Fortunatamente ho una donna di servizio che è molto fidata, altrimenti non comincerei ad abitare in casa; è abbastanza anziana e ha molti mocciosi, e mi tiene i mattoni del pavimento ben rossi e puliti.
Non saprei dirti quanto mi faccia piacere di aver trovato un lavoro così serio. Perché sarà, spero, una vera e propria decorazione quella che farò. Come ti ho già detto, il mio letto lo dipingerò, e ci saranno tre soggetti. Forse una donna nuda, non ho ancora deciso, forse una culla con un bambino, non lo so, ma me la prenderò con calma.
Non ho più nessun dubbio circa il restare qui, perché le idee vengono in abbondanza per il lavoro. Conto ora di acquistare ogni mese qualche oggetto per la casa. E con un po’ di pazienza la casa varrà qualcosa per i mobili e le decorazioni. Devo anticiparti che fra poco mi occorrerà una forte ordinazione di colori per l'autunno che, credo, sarà fantastico. E pensandoci bene ti invio l'ordinazione qui acclusa.
Nel mio quadro sul Caffè di notte ho cercato di esprimere l'idea che il caffè è un posto dove ci si può rovinare, diventar pazzi, commettere dei crimini. Inoltre ho cercato di esprimere la potenza tenebrosa quasi di un mattatoio, con dei contrasti tra il rosa tenero e il rosso sangue e feccia di vino, tra il verdino Luigi XV e il Veronese, con i verdi gialli e i verdi blu intensi, tutto ciò in un'atmosfera di una fornace infernale di zolfo pallido.
E pur tuttavia sotto un'apparente levità giapponese e una bonomia alla Tartarin.
Che direbbe però di questo quadro il signor Tersteeg, lui che davanti a un Sisley, quel Sisley che è il più discreto e il più dolce degli impressionisti, ha già detto: <>.
Allora davanti al mio quadro direbbe che si tratta di un delirium tremens in pieno.
Non trovo assolutamente niente da ridire sul tuo progetto di esporre una volta alla «Revue Indépendante», purché io non sia causa di impedimento per gli altri che abitualmente vi espongono.
In questo caso bisognerebbe dir loro che preferirei riservarmi una seconda esposizione, dopo questa prima, di studi propriamente detti.
E l’anno prossimo darò loro da esporre i quadri della decorazione della casa, quando sarà un tutt’uno. Non che ci tenga, ma perché gli studi non vengano confusi con le composizioni, e per dire già subito che la prima esposizione sarà solo di studi. Perché ci sono soltanto il Seminatore e il Caffè di notte che siano saggi di quadri composti. Mentre ti sto scrivendo, il piccolo contadino che assomiglia alla caricatura di nostro padre è qui che entra nel caffè.
La somiglianza è ugualmente terribile. Soprattutto quel tanto di sfuggente, di stanco e d'indefinito della bocca. Continua a sembrarmi un peccato non averlo potuto fare.
Aggiungo a questa lettera l'ordinazione dei colori, che non è proprio urgente. Solo che sono talmente pieno di progetti e l'autunno promette tanti motivi superbi che non so assolutamente se comincerò cinque o dieci quadri.
La stessa cosa avverrà in primavera coi frutteti in fiore, i motivi saranno infiniti. Se tu dessi a papà Tanguy il colore più ordinario, andrebbe probabilmente bene.
Gli altri colori fini sono effettivamente inferiori, soprattutto per il blu.
Spero che nel prossimo invio la qualità sarà migliore. Ne faccio relativamente meno, e ci ritorno più a lungo. Ho riservato cinquanta franchi per la settimana, così ce ne sono stati già duecentocinquanta per il mobilio. E facendo in questo modo me li ritroverò. E fin da oggi puoi considerare di avere una specie di casa di campagna, purtroppo un poco lontana. Non sarebbe più molto molto lontana, se ci fosse una esposizione permanente a Marsiglia. Forse tra un anno ne riparleremo. Una stretta di mano,
tuo Vincent
Saint-Rémy, primi di Giugno 1889
Mio caro Theo,
devo chiederti di mandarmi il più presto possibile alcuni pennelli ordinari, di cui ecco pressappoco le misure.
Una mezza dozzina di ciascuna, per favore; spero che tu e tua moglie stiate bene e che tu possa godere un poco il bel tempo.
Per lo meno qui abbiamo un sole splendido.
Per conto mio la salute va bene, e per la testa sarà, lo spero, questione di tempo e di pazienza.
Il dottore mi ha detto brevemente che aveva ricevuto una tua lettera e che ti aveva scritto; a me lui non dice niente ne io gli chiedo niente, così è più semplice. E’ un ometto gottoso – vedovo da diversi anni, con degli occhiali molto scuri. La casa di salute è un po’ monotona, e mi sembra che il nostro uomo non ci si appassioni eccessivamente; del resto non ha torto.
Ne è arrivato uno nuovo; è tanto agitato che rompe tutto e grida giorno e notte, e straccia anche le camicie di forza e finora, benché sia tutto il giorno nel bagno, non si calma affatto, demolisce il letto e tutto il resto che c’è in camera sua, rovescia il mangiare , ecc. E’ molto triste da vedere, ma qui hanno molta pazienza e finiranno per venirne a capo.
Le novità diventano rapidamente vecchie – credo che, se nello stato di spirito in cui sono ora venissi a Parigi, non farei nessuna differenza fra un quadro cosiddetto nero o in quadro chiaro impressionista, fra un quadro verniciato a olio e un quadro opaco all’essenza di trementina.
Con ciò voglio dire che, riflettendo, credo più che mai all’eterna giovinezza della scuola di Delacroix, Millet, Rousseau, Dupré, Daubigny, come a quella attuale o a quella degli artisti futuri. E non credo affatto che l’impressionismo faccia di più che seguire l’esempio dei romantici. Da questo ad ammirare gente come Glaise Perrault, certo ne corre.
Questa mattina dalla mia finestra ho guardato a lungo la campagna prima del sorgere del sole, e non c'era che la stella del mattino, che sembrava molto grande. Daubigny e Rousseau hanno già fatto questo, esprimendo tutta l'intimità, tutta la pace e la maestà e in più aggiungendovi un sentimento così accorato, così personale. Non mi dispiacciono queste emozioni.
Ho sempre dei grandissimi rimorsi quando penso al mio lavoro così poco rispondente a ciò che avrei desiderato fare.
Spero che a lungo andare mi sarà possibile fare qualcosa di meglio, ma non ci siamo ancora.
Credo che faresti bene a lavare quelle tele che sono ben asciutte con acqua e un po' di alcool etilico per togliere il grasso e l'essenza della pasta.
Così anche per il Caffè di Notte, la Vigna Verde, e soprattutto per il paesaggio che era nella cornice in noce, Anche per la Notte (ma lì ci sono ritocchi recenti, che con l'alcool etilico potrebbero spandere).
E’ già quasi un mese che sono qui, e non una sola volta ho avuto il desiderio di essere altrove, solo la volontà di lavorare ritorna un poco.
Anche negli altri non noto un desiderio deciso di essere altrove, e ciò può derivare dal fatto che ci si sente troppo rotti per la vita esterna.
Quel che non riesco a capire è il loro ozio assoluto. Ma è il grande difetto del sud, è la sua rovina. Che bel paese, che bel sole, che bell’azzurro! E si che ho visto soltanto il giardino e quello che posso scorgere dalla finestra. Hai letto il nuovo libro di Guy de Maupassant, "Fort come la mort"? Qual’è la trama? Ciò che ho letto in questo genere è stato ultimamente il Réve di Zola; trovavo molto, molto bella la figura di donna, la ricamatrice, e la descrizione del ricamo tutto in oro. Proprio perché è come un problema di colore, di gialli diversi, puri o rotti. Ma il personaggio dell’uomo mi sembrava poco vivo e anche la cattedrale mi riempiva di malinconia. Solo quell’essere ripugnante lilla, blu e nero riesce, se vogliamo, a far risaltare la figura bionda.
Ma comunque già in Lamartine ci sono cose di questo genere.
Spero che distruggerai molte cose troppo brutte fra tutte quelle che ti ho mandato o per lo meno che mostrerai solo quello che è passabile. Per quanto riguarda la mostra degli Indépendantes, mi è assolutamente indifferente, fa' come se non ci fossi. Per non rimanere assente e per non esporre qualcosa di troppo pazzo, forse potresti mandare Notte stellata e il paesaggio verde-giallo, che era nella cornice di noce. Poiché sono due quadri di colori contrastanti, forse riusciranno a dare agli altri lo spunto per ottenere effetti notturni migliori.
Ora bisogna che tu ti tranquillizzi completamente sul mio conto. Quando avrò ricevuto la nuova tela e i colori, me ne andrò un po’ in giro per la campagna. Dato che è proprio la stagione nella quale ci sono molti fiori, e di conseguenza molti effetti di colore, sarebbe forse meglio che non ad Arles. Il mistral (dato che qui ci sono le montagne) mi sembra molto meno fastidioso che ad Arles, dove non c’è nessun riparo.
Quando riceverai le tele che ho fatto qui in giardino, vedrai che qui non sono troppo malinconico.
A presto. Una forte stretta di mano a te e a Jo.
Tuo Vincent
Auvers-sur-Oise, Martedì, 3 June 1890
Mio caro Theo,
già da diversi giorni avrei desiderato scriverti con la mente riposata, ma sono stato preso dal lavoro. Questa mattina mi è arrivata la tua lettera, della quale ti ringrazio, e anche del biglietto da 50 franchi che conteneva. Sì, sono convinto che per molte cose sarebbe opportuno che noi stessimo ancora tutti qui insieme per otto giorni delle tue vacanze, se non sarà possibile di più. Penso spesso a te, a Jo e al piccolo, e vedo che i bambini all'aria libera qui sembrano star benone. Eppure è già abbastanza difficile allevarli qui, a maggior ragione deve essere terribile in certi momenti conservarli sani e salvi a Parigi in un quarto piano. Ma insomma bisogna prendere le cose come vengono. Il dottor Gachet dice che è necessario che il padre e la madre si nutrano bene, parla di bere due litri di birra al giorno in questi periodi. Sono certo che ti farebbe piacere conoscerlo di più, e lui ci conta già, ne parla tutte le volte che lo vedo, e chiede quando verrete tutti. Mi sembra malato e sfinito come te e me, è più anziano e ha perduto anni fa sua moglie, ma è un grande dottore e il suo mestiere e la sua fede lo sostengono. Noi siamo già molto amici e per caso ha conosciuto Brias di Montpellier, e la pensa come me nei suoi riguardi, e cioè che è una persona molto importante nella storia dell’arte moderna. Sto lavorando al suo ritratto, la testa con un berretto bianco, e molto bionda, molto chiara; anche le mani sono di carnagione chiara, ha una marsina azzurra e c'è un fondo blu cobalto, è appoggiato a un tavolo rosso sul quale c'è un libro giallo e una pianta di digitale a fiori rossi. Ha la stessa atmosfera del mio ritratto, che mi sono fatto quando sono partito per venire qui.
Il signor Gachet e fanatico di quel ritratto, vuole che gliene faccia uno per lui, se posso, assolutamente identico, cosa che desidero fare anch'io. Ora è arrivato anche a capire l'ultimo ritratto di Arlesiana, di cui tu hai un ritratto in rosa; quando viene a vedere i miei studi ritorna sempre su quei due ritratti e li accetta in pieno, ma in pieno, così come sono.
Spero di mandarti presto un suo ritratto. Poi ho dipinto da lui due studi, che gli ho regalato la settimana scorsa, una pianta di alce con dei fiorranci e dei cipressi, e poi domenica scorsa delle rose bianche in un vigneto, e in mezzo una figura bianca.
Probabilmente farò anche il ritratto di sua figlia che ha diciannove anni e con la quale sono certo che Jo farà presto amicizia.
E allora me ne farò una festa di eseguire i ritratti di voi tutti all'aria aperta; il tuo, quello di ]o e quello del piccolo.
Non ho ancora trovato niente di interessante in fatto di studi, e intanto sarò obbligato a trovare una stanza per sistemare i quadri che ingombrano a casa tua e che sono da Tanguy. Perché hanno bisogno ancora di molti ritocchi. Ma intanto vivo alla giornata – è un tempo cosi bello. E la salute Va bene, vado a letto alle nove, però mi alzo quasi sempre alle cinque. Sono certo che sarà tutt'altro che spiacevole ritrovarsi dopo una lunga assenza, e spero anche di continuare a sentirmi più sicuro del mio pennello di quanto mi sentissi prima di andare ad Arles. E poi il signor Gachet dice che non ci sono probabilità che il male ritorni, e che ora va benissimo. Ma anche lui si lamenta amaramente dello stato di cose nei villaggi, dove egli sta diventando un estraneo e dove la vita diventa così orribilmente cara. Dice di meravigliarsi che le persone dove sto mi diano alloggio e cibo per cosi poco e che ho avuto fortuna in confronto ad altri che sono venuti e che egli ha conosciuto. Se verrai con Jo e il piccolo, il meglio che potrete fare e di stabilirvi nella stessa locanda. Attualmente niente, assolutamente niente mi tiene qui, salvo Gachet - ma questi resterà un amico, per quanto posso prevedere. Sento che in casa sua posso lavorare abbastanza bene tutte le volte che ci vado, e lui continuerà ad invitarmi a pranzo tutte le domeniche o il lunedì.
Ma finora, se pure mi fa piacere dipingere da lui un quadro, è pur sempre una servitù per me pranzare o cenare da lui, perché quell'ottimo uomo si dà un sacco da fare per preparare dei pranzi con quattro o cinque portate, il che è una cosa atroce sia per me che per lui - perché non ha certamente uno stomaco molto forte.
Ciò che mi ha trattenuto dal dirgli qualcosa è il fatto che mi sono accorto che questo gli ricorda i tempi passati, nei quali faceva dei pranzi di famiglia, che noi del resto conosciamo molto bene.
Ma l'idea moderna di mangiare una - tutt'al più due portate – è veramente un progresso, è un lontano ritornare alla vera antichità.
Insomma papà Gachet è molto molto simile a te e a me. Ho letto con piacere nella tua lettera che il signor Peyron ha chiesto mie notizie. Gli scriverò questa sera stessa che sto bene, perché e stato molto buono con me e certo non lo dimenticherò.
Desmoulins, quello che espone dei quadri giapponesi al Champ de Mars, e tornato qui e spero di incontrarlo.
Che cosa ha detto Gauguin dell'ultimo ritratto di Arlesiana, che è fatto su un disegno della sua? Finirai per vedere, credo, che è una delle cose più buone che ho fatto. Gachet ha un quadro di Guillaumin, donna nuda su un letto, che trovo molto bello, ha anche un vecchissimo autoritratto di Guillaumin, molto diverso dal nostro, scuro ma interessante.
Ma la sua casa, vedrai, è piena, piena come quella di un antiquario di cose non sempre interessanti, ma in tutta questa roba c'è questo di buono, che può sistemare dei quadri di fiori o di nature morte, e questo è sempre qualcosa. Ho fatto questi studi per lui, per dimostrargli che se non sono un paziente che lo paga in denaro, non per questo lo danneggeremo per le sue prestazioni nei nostri riguardi.
Conosci un’acquaforte di Bracquemond, il ritratto del conte? E un capolavoro.
Ho bisogno al più presto possibile di dodici tubi di bianco di zinco di Tasset e di due tubi medi lacca geranio.
Poi, appena potrai mandarmeli, ci terrei moltissimo a copiare ancora una volta tutti gli studi a carboncino di Bargue, sai, specialmente i nudi. Posso disegnarli abbastanza rapidamente, nello spazio di un mese tutti i sessanta fogli, perciò mandamene un esemplare in visione, farò in modo di non spiegazzarli o sporcarli. Se trascurassi di studiare ancora un po' le proporzioni e il nudo, mi troverei a malpartito in seguito. Spero che ciò non ti sembri né assurdo né inutile.
Gachet mi ha anche detto che se volessi fargli un grande piacere, desidererebbe che rifacessi per lui la copia della Pietà di Delacroix, che ha guardato per tanto tempo. In seguito probabilmente mi darà una mano per i modelli; sento che ci capirà sempre e che lavorerà con me e con te senza riserve, per l'amore dell’arte per l'arte, con tutta la sua intelligenza. E forse mi farà avere dei ritratti. Ora, per avere dei clienti per i ritratti bisogna poter mostrare quelli che si sono già fatti.
Ecco la possibilità che vedo di collocare qualcosa. Però, però alcuni quadri un giorno troveranno degli amatori. Trovo soltanto che tutto il rumore che hanno fatto i forti prezzi pagati in questi ultimi tempi per i quadri di Millet non hanno fatto che peggiorare la situazione, per quanto si riferisce alle probabilità che abbiamo di coprire unicamente le proprie spese di pittura.
E una cosa che fa venire le vertigini. Pensandoci su, uno si sente abbrutito. Perciò è meglio cercare un po' di affetto e vivere alla giornata. Spero che il piccolo continui a star bene, e anche voi due fino a quando vi rivedrò presto; vi stringo forte la mano.
Vincent